Una settimana e sarà “Valle Promessa”.

Una settimana all’uscita ufficiale di “Valle Promessa”.
“Mal di Po” e “Valle Promessa”: difficile anche per me definire che cosa rappresentino l’uno per l’altra. Dire che sono semplicemente una la “continuazione” dell’altro non è la verità. Quando ci penso, mi vengono in mente delle immagini, che mi aiutano a definire il loro rapporto: la prima è quella della mano. “Mal di Po” è sicuramente il dorso, quello che permette di intravedere l’ossatura e il profilo della mano; “Valle Promessa” è invece il palmo: osservandolo, puoi vedere e interpretare le linee della mano, studiarne e analizzarne tutte le pieghe (anche le più piccole), accorgerti di quando esse divergono o si incontrano, osservarne e capirne il “destino”.
“Valle Promessa” è come la faccia della luna che non si vede mai, quella sempre nascosta, quella che non appare e che quindi nasconde i segreti e le verità più grandi, più misteriose, più primitive…
…Avvicinarsi ad un vecchio quadro o ad un affresco antico e osservarlo. Quindi sfiorarlo con le dita e poi cominciare, come spinto da un istinto inspiegabile, a grattarne con le unghie la superficie. Pian piano, scrostando la parete liscia, scoprire come, sotto il primo stato di colore, ce ne sia un altro, e poi un altro ancora. Alla fine, con le mani tutte sporche e variopinte, allontanarsi dal dipinto ed accorgersi con sorpresa di come, sotto il disegno dell’inizio, si sia nel frattempo composta un’immagine nuova, diversa, sicuramente più antica, affascinante e inquietante…
“Mal di Po” è l’affresco antico, “Valle Promessa” è la nuova immagine apparsa.  

 

Grazie per “Valle Promessa”.

… e visto che, anche nella solitaria scrittura di un libro, si hanno sempre dei compagni di viaggio, non posso fare a meno di ringraziare quattro persone che mi hanno fornito spunti, forza, ispirazione coraggio.
Innanzitutto mio cognato Michele che, andandosene, mi (e ci) ha lasciato un’energia indescrivibile, una pura scarica di elettroni, fatta di voglia di vivere, di fare e di progettare. La mia “Valle Promessa” la dedico senz’altro a lui, al suo sorriso irresistibile, a lui che aspettava il mio secondo libro (e tante volte me l’aveva ripetuto…) con quell’entusiasmo maturo, ma anche puro e fresco.
Poi il contrabbassista e pianista Ezio Bosso, che avrò il piacere di ascoltare il mese prossimo al Teatro Grande di Brescia. Senza volerlo, ha incrociato la mia strada (anzi, a dire il vero, sono stato io ad incrociare la sua e a non perderla più di vista…) e mi ha suggerito la via d’uscita dalla stanza in cui mi ero infilato, e dalla quale non riuscivo più ad uscire. Una stanza soffocante e abbacinante, che ha messo a rischio la crescita e la vita stessa di “Valle Promessa”.
Padre Gabriele Amorth, scomparso qualche settimana fa, il più grande esorcista italiano, forse il più grande di tutti i tempi. Da anni guidava, silenziosamente, il mio personalissimo viaggio dentro me stesso , nelle mie pieghe più nere, nella mia anima. C’è moltissimo di lui in “Valle Promessa”, come ce n’era molto anche in “Mal di Po”.
Infine il gigante, Ernest Hemingway. Uno dei miei modelli di scrittura; il personaggio e lo scrittore che ho sempre ammirato da lontano, quasi con la paura di avvicinarmi troppo a lui, di leggere troppe cose sue e di scoprire che è effettivamente immenso, come mi è sempre sembrato. Rileggere quest’estate il suo Fiesta mi ha dato, letteralmente, benzina (quando mi mancava) e velocità (quando la mia scrittura rallentava).

Grazie a loro. E grazie a Comacchio che, in qualsiasi stagione, a qualsiasi ora del giorno e della notte, non può mai smettere, nemmeno per un attimo, di essere poetica.

Sigaro.

Prima stesura del libro finita e sigaro fumato (martedì scorso…), in solitaria e tutto… “d’un fiato”.
Ci voleva proprio, dopo un anno di lavoro. Impegno, silenzio e solitudine: ingredienti obbligatori per chi decide di scrivere qualcosa.
Ora comincia la revisione (anzi le varie revisioni) e la correzione, per modellare al meglio questa grezza figura che vuol prendere forma… E a dicembre l’inchiostro verrà buttato sulle pagine bianche. Sarà trepidazione e ancora, per la seconda volta, emozione.

La “Valle Promessa” esiste.

Sabato 24 settembre 2016, ore 16,15.
Ultima pagina, ultima parola, ultimo dialogo: ed è Valle Promessa.
Il mio secondo romanzo, il mio secondo testamento, il mio quarto figlio…
E il ricordo va alla fine di agosto del 2014, quando scrissi l’ultima parola di Mal di Po. Allora era notte, l’una e mezza circa.
Allora e adesso. Una lunga parabola che giunge (se è possibile) al suo esito finale.
E finisco (forse) di pagare il mio debito di riconoscenza verso Comacchio, la mia Valle Promessa.

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Conto alla rovescia.

…Comincia il conto alla rovescia.
Ancora poche ore e sarà l’ultima parola del mio secondo libro.
Il sigaro per festeggiare è lì che aspetta e l’anguilla è pronta… ad accendersi.
Questione di giorni e vedrà la luce la mia seconda creatura.
Un anno di lavoro, scritto quasi tutto nelle ore notturne, quando tutto apparentemente si spegne.
Ancora poco e sarà… Valle Promessa!

Anche quest’anno, sempre.

Grazie, Comacchio, di esserci stata anche quest’anno, con le tue voci e le tue atmosfere. Grazie per avermi regalato, in modo anche inaspettato, tanti nuovi spunti, per portare a termine il mio secondo romanzo, che è ormai giunto al suo culmine.

Quando pensavo che già mi avessi parlato tanto, ecco che sei ancora lì a suggerire e sussurrare…

E mi accorgo di conoscere solo una minima parte di te.

Coma 2016Coma2016Comacchio 2016Comacchio2016

Com 2016

Diventare qualcuno.

“…Essere qualcuno è un ‘altra cosa, non te l’immagini nemmeno. Ci vuole fortuna, coraggio, volontà: soprattutto coraggio. Il coraggio di starsene soli come se gli altri non ci fossero e pensare soltanto alla cosa che fai. Non spaventarsi se la gente se ne infischia. Bisogna aspettare degli anni, bisogna morire. Poi, dopo morto, se hai fortuna, diventi qualcuno”. (C.Pavese)

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